“Padre, qui ciascuno vive la propria fede come un’impresa eroica e solitaria, una crociata individuale, nessuno avverte l’esigenza di far crescere la propria fede insieme agli altri, nella gioia, nella semplicità dello stare insieme, nella condivisione. Ciascuno preferisce restare nel chiuso della propria stanza e delle proprie convinzioni, cercando sostegno alle proprie idee tra coloro che la pensano nello stesso identico modo…”. Ricordo la sera in cui Anna, rompendo ogni formalismo e ingessatura, ha pronunciato queste parole dinanzi a me, al suo parroco e all’intera comunità . Era un giovedì freddissimo e piovoso, e mi ha rivelato in pieno il senso di questo nuovo viaggio che sto compiendo nelle parrocchie della nostra diocesi. Parole non isolate. In queste settimane tanti altri, specie giovani, mi hanno fatto capire che dinanzi a noi una sola é la sfida fondamentale: quella della comunione, della fraternità, del “camminare insieme”.
Il tempo della Quaresima é più che mai proficuo per raccogliere questa sfida. Un tempo di silenzio, in cui ciascuno può uscire da sé e piegare il proprio ego nella preghiera dinanzi al Cristo sofferente. Tempo proficuo per una conversione autentica, in cui la coscienza si rinnova nella verità e alimenta gesti nuovi e concreti di amore per l’altro. D’altra parte non abbiamo comode vie d’uscita: o i nostri talenti sono a servizio di un progetto comune, che coinvolga tanti, o sono sprecati, rovinati e deprezzati dalle lusinghe e dai successi effimeri dell’individualismo. Propongo perciò a tutti, laici impegnati e sacerdoti, religiosi e diaconi, seminaristi, credenti e non, uomini e donne di buona volontà, di vivere questi giorni uscendo da se stessi e impegnandosi in piccoli-grandi “esercizi di comunione”.
Accogliere la diversità . Impegniamoci a non circondarci di “simili”, ad abbandonare la paura del diverso, ad accettare la sfida di un pensiero alte
ativo al nostro. “Cantarsela e suonarsela” non serve a nessuno, ci fa solo diventare più piccoli e non più grandi. Questo tempo nuovo non vuole ascoltare abili solisti ma un coro intonato dalla ricerca del bene comune.
Spezzare il pane della responsabilità . Impegniamoci a non assegnare più ad altri i compiti che spettano a noi, in quella logica della “delega” e del “rinvio” che forse – e purtroppo – abbiamo appreso dalle nostre classi dirigenti. Allo stesso tempo, però, proponiamo uno stile nuovo di condivisione, solidarietà e fraternità : come il Cireneo, proviamo a prenderci un pezzetto delle responsabilità altrui e, senza deliri di onnipotenza, troviamo l’umiltà di affidare a chi ci é vicino pezzetti dei pesi che toccano a noi.
Esserci, ma senza presenzialismi. Impegniamoci a occupare “l’ultimo banco”. Abbandoniamo la tentazione di voler essere sempre in vista, sempre al primo posto. “Esserci” é un valore, ma il presenzialismo ne é la negazione. Il protagonismo a tutti i costi soffoca i talenti altrui, educa le comunità alla delega, non aiuta a formare una coscienza critica, spinge tutti a pensare che basta seguire il leader per risolvere tutti i problemi.
Lasciare le medaglie a chi é sempre nelle retrovie. Impegniamoci a fare gioco di squadra. E a mandare sul podio, quando c’é da raccogliere una medaglia, le persone più umili, quelle che fanno il “lavoro sporco”. Il mediano che recupera i palloni a centrocampo, il difensore che permette allo schiacciatore di fare punto.
Ascoltare e valorizzare le idee altrui. Impegniamoci a porci in un atteggiamento di “ascolto permanente” del mondo che ci sta into
o. Non esistono persone interessanti e persone meno interessanti. Interiorizzare e condividere le esperienze di vita altrui, e le idee e visioni del mondo che da esse derivano, significa aumentare esponenzialmente la consapevolezza del proprio compito nel mondo.
Accoglienza, corresponsabilità, presenza umile, valorizzazione degli altri, ascolto. Cinque esercizi per una Quaresima che ci prepari davvero al senso più profondo della Pasqua: la comunione tra gli uomini nella gloria del Cristo risorto.
Arcivescovo, Vescovo di Nola